E’ arrivato in punta di piedi, quasi nascondendosi sotto il cappellino, abbracciando un pallone quasi fosse un figlio. Lui è Adrian Di Giusto, allenatore italo-argentino della squadra del Rugby Lecco che milita in serie B. Si è seduto sul palco ed ha atteso che fosse il suo turno per poter parlare. Ha guardato i video proiettati quasi come se dovesse anche lui imparare qualcosa, mentre era lui che doveva insegnare a noi. Poi ha preso la parola ed ha cominciato a parlarci del rugby partendo da lontano, dalle origini, da quella partita di calcio finita male, quando un ragazzo, un certo Ellis, si ribellò alle regole, prese il pallone in mano e cominciò a correre. Così è nato questo sport, nella cittadina inglese di Rugby, appunto. Poi ci mostra una maglia della nazionale, originale e rigorosamente usata, quella di Martin Castrogiovanni, ruolo: pilone, uno dei più forti giocatori italiani, oriundo argentino, che ha iniziato a giocare a Rugby proprio grazie ad Adrian. Impressionante vedere quant’è grande… Ha preso spunto da questo per dirci che secondo lui il rugby non è uno sport di contatto, come comunemente viene visto, ma di “evasione”, perché “se io col pallone mi trovo davanti uno di questa stazza che vuole fermarmi, cerco in tutti i modi di schivarlo, non di andargli addosso…”. La parlata da italo-argentino è affascinante e in qualcuno accende ricordi legati ad un grande allenatore italo-argentino (leggi Velasco), e chissà se è un caso. Adrian non allena la nazionale ma di sport ne sa e ciò gli deriva senza dubbio da averne vissuto tanto.
Quando gli è stato chiesto cos’è per lui il rugby, ha risposto: “è soprattutto amicizia”. Evidentemente tiene molto a questo concetto perché l’ha ripetuto più volte. La filosofia che sta dietro a questo sport contribuisce in maniera decisa a saldare i legami tra un giocatore e l’altro, tra una persona e l’altra: il continuo supporto che si deve dare ai compagni nelle diverse fasi di gioco, il fatto che è molto difficile che un solo giocatore possa fare la differenza in campo, la dinamica stessa delle azioni, e soprattutto il “terzo tempo”.
Il programma del pomeriggio termina con i saluti di rito, ma l’incontro con Adrian continua. Si parla di tecnica, di terzo tempo, di tecniche di allenamento e di sport in generale. L’avremmo ascoltato per ore… ma il campo lo attendeva…
E sul campo lo abbiamo ritrovato due settimane dopo, quando, con la stessa gentilezza e la stessa contagiosa passione, ha tenuto un mini-allenamento per una quindicina di bambini che si sono scatenati per un paio d’ore imparando a conoscere i fondamenti del rugby.
Tra mischie, slalom, e passaggi piĂą o meno riusciti, i ragazzi hanno così potuto assaporare il fascino di questo sport, che forse piĂą di ogni altro per i piccoli può diventare puro gioco e divertimento: del resto che cosa può esserci di piĂą naturale e spontaneo per un bambino che rincorrersi, scappare e ogni tanto godersi il piacere di rotolarsi per terra senza un genitore che ti rimprovera perchè “non si fa” …
E alla fine il terzo tempo lo abbiamo fatto davvero tutti insieme, con una meritata merenda e un grande ringraziamento ad Adrian, un professionista che ha saputo stare tra i nostri mini atleti con la stessa passione e capacità con cui lavora in mezzo ai “giganti” della palla ovale.
Grazie Adrian!